Terremoto previsto e calcolo probabilistico.
A Mirandola lo avevano previsto già nel 2007.
«Se fossero stati un po’ più attenti alle esperienze sismiche del passato forse sarebbe andata meglio». Lo dice Dario Camuffo, che assieme a Eugenio Carminati in un articolo apparso sulla rivista scientifica Global and Planetary Change, pubblicato nel febbraio 2007, aveva pubblicato una mappa in cui proprio a Mirandola indicato la possibilità di un terremoto di magnitudo 6.2 della scala Richter. Nella stessa carta vengono indicate anche altre zone: per Mantova, ad esempio, la magnitudo è 5.9 e nel Veronese 6.5. Lo studio aveva tutt’altro scopo: valutare gli effetti della sismicità sulla subsidenza nell’area veneziana, ma inevitabilmente prendeva in considerazione un’area più vasta, comprendente tra l’altro la zona interessata dal terremoto in Emilia.
CONOSCENZE SOTTOVALUTATE – Camuffo è climatologo del Cnr, Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima di Padova; Carminati è sismologo presso il dipartimento di scienze della Terra dell’Università La Sapienza di Roma. La cosa di cui entrambi si stupiscono è come possa essere stato considerato inaspettato un terremoto che dal punto di vista storico-scientifico non era così improbabile. «La mappa del 2007 l’ho costruita sostanzialmente sulla base di informazioni disponibili dalla comunità scientifica e dal mondo intero» dice Carminati, «pubblicate sul sito dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia). Si vedono le faglie conosciute che potrebbero dare terremoti in Italia. Tra queste c’è la faglia di Ferrara e la faglia di Mirandola. L’ultimo grande terremoto dell’area è del 1570, e il tempo di ricorrenza è molto ampio: vuol dire che magari un terremoto arriva dopo 250 anni e un’altra volta dopo 500 anni. Mi ha sorpreso però sentire dire che la pianura Padana è poco compresa nelle aree potenzialmente sismiche», continua Carminati. «In realtà la sorgente sismica era conosciuta bene e anche la potenzialità sismica dei terremoti. Queste conoscenze sono state sottovalutate». E aggiunge: «Per me non era una novità. La zona è stata inserita tra le zone a pericolosità medio-bassa a partire dalla fine degli anni Novanta, ed è vero che quello che è accaduto è un terremoto di magnitudo media».
Tutti lo sanno. Ditemi quale sismologo al mondo non sappia dove avverrano. Il problema però si incentra sempre sul quando. E da qui inizia la lunga sequela di ” dagli all’untore”. Precursori a base di radon, precursori satellitari che contano la quantità di ioni nella ionosfera e una miriade di altri studi per cercare di capire e sapere quando sono rintracciabili anche in rete sui siti specializzati in sismologia. La verità ? I terremosti sono prevedibili sia in dove che in quando. Ma nessuno ha il coraggio di parlre. I pochi che lo fanno rischiano il linciaggio morale. E spesso lo ottengono.
In ogni caso, da poveri mortali, possiamo solo chiederci perchè nulla si fa per la prevenzione e la messa in sicurezza. Non siamo nè la California nè il Giappone o l’Indonesia. In questi luoghi si verificano eventi di grande portata. L’Italia non ha la stessa tipologia di eventi. Ma riguardo alla vulnerabilità, cioè la resistenza a sollecitazioni sismiche di livello certamente più bassa rispetto alle suddette località, siamo certamente in testa alla classifica.
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