Fininvest scenderà al di sotto del 10% nel capitale di Mediolanum. Lo ha annunciato questa mattina la stessa holding della famiglia Berlusconi come conseguenza al procedimento relativo all’iscrizione di Mediolanum nell’Albo dei Gruppi bancari e a seguito della sopravvenuta perdita dei requisiti di onorabilità in capo al proprio controllante indiretto Silvio Berlusconi.
È stata la Banca d’Italia, d’intesa con l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni Ivass, ha disporre con provvedimento del 7 ottobre (pervenuto ieri) a disporre la dismissione della partecipazione in Mediolanum Spa eccedente il 9,9%. L’atto potrà anche avvenire mediante il conferimento in un trust ai fini della successiva alienazione a terzi entro 30 mesi dalla data della sua istituzione. A seguito di tale misura, viene meno l’efficacia del Patto di sindacato tra Fininvest e Fin.Prog. Sapa di Ennio Doris, presidente di Banca Mediolanum.In ballo azioni pari al 20% del capitale azionario
«Il Cda di Fininvest – si legge nella nota della holding – si riunirà per la valutazione e l’esame del suddetto provvedimento e l’adozione delle conseguenti deliberazioni, anche tenuto conto delle caratteristiche e dell’entità della partecipazione in oggetto e della rilevanza di Mediolanum Spa per il mercato, per i suoi clienti e per i suoi azionisti». Il provvedimento riguarda oltre il 20% del capitale della banca. La holding della famiglia Berlusconi ha infatti il 31,1 per cento. Immediata la reazione in Borsa, dove le azioniMediolanum cedono oltre il 2% in avvio di seduta (-1,4% per Mediaset). Il mercato si interroga probabilmente su quale destinazione prenderanno le azioni targate Fininvest: in passato, peraltro, lo stesso Ennio Doris aveva detto a più riprese di voler rilevare la quota in mano alla holding.Mediolanum: proseguiremo la nostra attività
In un comunicato in cui prende atto del provvedimento della Banca d’Italia, la stessa Mediolanum afferma di mantenere e perseguire «la sua stabile e consolidata presenza nel mercato, così come avvenuta e riconosciuta in questi anni, forte della garanzia e della continuativa partecipazione della famiglia Doris, che detiene oltre il 40% delle azioni».
«Mediolanum proseguirà la sua attività nel rispetto delle strategie e dei principi che hanno sempre contraddistinto questo gruppo», si legge ancora tra le righe del comunicato, nel quale si esprime anche «totale solidarietà» a Silvio Berlusconi nella presente circostanza.
http://it.reuters.com/article/topNews/idITKCN0HZ0GK20141010ROMA (Reuters) – 
di Stefano Bernabei.
Fininvest ha comunicato che dovrà dismettere la quota della sua partecipazione in Mediolanum che eccede il 9,9% in conseguenza delle disposizioni di Bankitalia, che ha applicato le nuove norme sui conglomerati finanziari e considerato la perdita dei requisiti di onorabilità di Silvio Berlusconi, indiretto controllante del gruppo assicurativo fondato con Ennio Doris.
Secondo una fonte vicina al dossier, entro tre mesi dovrà essere costituito il trust in cui conferire queste quote eccedenti, pari a circa il 20%, che poi dovranno essere vendute entro un massimo di 30 mesi, come dice anche la nota di Fininvest.
In una nota Mediolanum, del fondatore e amico di Berlusconi Ennio Doris, “prende atto” della notizia e esprime a Berlusconi “totale solidarietà anche in questa circostanza”.
Il titolo Mediolanum ha reagito con una forte flessione alla notizia e poco dopo le 10,30 perde il 3,6% a 4,9740 euro in un mercato debole. Alcuni analisti hanno detto di aspettarsi ancora tensioni fino a che non si chiariranno i termini di questa importante operazione di dismissione.
“Crediamo che la famiglia Doris [l’altro socio fondatore e azionista rilevante di Mediolanum] possa acquistare una quota, ma non superiore al 5% per l`ovvia esigenza di non concentrare tutto il patrimonio in un singolo asset”, commenta un analista che vede “un significativo overhang” sul titolo.
Anche Icbpi dice di aspettarso “pressioni sul titolo, in attesa che vengano chiariti termini e tempistiche”.
Devo dire che negli altri paesi -intendo dire quelli evoluti, cioè quasi tutti, se paragonati a noi- un evento come quello che descrivo è considerato inconcepibile, impossibile da verificarsi. Certamente ogni nazione ha i propri banditi, le proprie gatte da pelare, i propri polli illegali, le proprie miserie nazionali. Ma esistono dei parametri di riferimento collettivi che in tutto il pianeta Terra vengono (quantomeno formalmente) rispettati, o fatti rispettare, altrimenti si afferma la legge della giungla e vince soltanto il più forte, al di là della Legge.Tutto deve essere iniziato quasi due mesi fa, quando i ragionieri e i contabili di Berlusconi gli presentano i conti delle sue aziende. Una vera catastrofe. La perdita di potere politico, l’assottigliamento elettorale, l’affermazione del suo erede (il caro leader che sembra cresciuto alla sua scuola) hanno messo in ginocchio il suo impero, pieno di debiti, zeppo di buchi: aziende decotte. Basterebbe soltanto questo per dimostrare che non è (e non è mai stato) un grande imprenditore. E’ stato molto abile nel saper sfruttare i meccanismi di una società corrotta come quella italiana, ma quando si arriva a fare i conti con il concetto di “gestione aziendale dell’impresa” dove bisogna applicare i codici del mercato, va espressa la competenza tecnica e i manager utili non sono più i servi deferenti ma quelli in gamba che sanno fare il loro lavoro, lì crolla l’intera impalcatura.
Perché senza l’appoggio politico, Mediaset, Fininvest, Mondadori, dimostrano di non valere nulla.
Alla fine di agosto scatta quindi il piano, che appare viaggiare su tre linee: quella politica, dove si va dal caro leader e si accetta qualunque prezzo, qualunque richiesta, purché si garantisca che verranno varati specifici provvedimenti, come impedire di ripristinare il falso in bilancio, mettere il bastone tra le ruote dei magistrati che indagano e garantirsi una via d’uscita per le sue aziende. Renzi, con il suo consueto infantile cinismo va in brodo di giuggiole e il PD pure. La seconda linea è chiara e consiste nell’iniziare i licenziamenti, avvalendosi della complicità del settore mediatico, per fare in modo che non si sappia troppo in giro, non si faccia troppo clamore. E così viene lanciato il nuovo trend di mercato, lo chiamano “esternalizzazione razionale”.  A casa mia ha un altro termine: “schiavismo”. Vengono licenziati ben 232 giornalisti che percepivano una media di circa 50.000 euro l’anno, ai quali verranno poi proposti contratti a progetto, senza garanzie di durata e sottopagati. Tanto, grazie alla disoccupazione, c’è un tale esercito di riserva che basta fare un fischio e arrivano a migliaia, anche per meno di 12.000 euro l’anno.
Più aumenta la disoccupazione -e quindi la disperazione- tanto più si diffonde la cinesizzazione del lavoro (anche del lavoro intellettuale) e aumenta la possibilità di avere operatori che pur di guadagnare delle briciole, sono disposti a stare zitti, scrivere qualunque schifezza e applaudire qualunque obbrobrio raccapricciante. Non è più necessario usare le forme rozze e primitive, messe in atto dal partito fascista ai tempi di Mussolini, quando la dissidenza veniva bastonata e i riottosi obbligati con la violenza a bere l’olio di ricino.
Oggi sono più eleganti.
Pare che entro il mese di ottobre ne licenzieranno altri 500 e 6.000 entro la fine dell’anno.
La terza linea seguita è quella che verosimilmente ha fatto reagire gli ambienti finanziari europei e ha finito per produrre la dichiarazione di “disonorabilità e inaffidabilità” di Berlusconi, che tradotto vuol dire: “voi italiani non siete stati in grado e non avete voluto eliminare quest’uomo dal mercato, lo facciamo noi a nome vostro”. L’ordine, infatti, viene dall’Unione Europea, fortemente appoggiato da Mario Draghi, il quale ha dichiarato che “proprio in questi giorni in cui stiamo concludendo gli stress test dell’intero sistema bancario dei paesi componenti l’Unione Europea, non sono tollerabili atteggiamenti e comportamenti all’interno del sistema bancario e degli interventi privati in borsa che non siano perfettamente in linea con i parametri legali determinati dall’unione bancaria”.
Tradotto vuol dire (il messaggio è indirizzato agli sciacalli che lui ben conosce): “signori, siamo in totale emergenza, quindi pochi scherzi e rispettiamo i codici”.
E così, il nostro Berlusconi lancia la sua campagna sul campo.
Gli dà una mano il  compagno di tante avventure, che si chiama Goldman Sachs. Ne hanno fatte tante insieme, coprendosi a vicenda e addirittura costruendo società miste, come nel 2006, 2007 e 2009 quando acquistarono Endemol, capitale Goldman Sachs e Mediaset (50% ciascuno) e poi rivenduta nel novembre del 2012 con Berlusconi stracotto e una massa debitoria intorno a circa 6 miliardi di euro di cui nessuno ha mai chiesto ragguagli in merito.
Non si dice mai di no a un vecchio socio.
E così, Goldman Sachs comincia a diffondere la voce -nel senso che invia per iscritto delle note ai propri facoltosi clienti- che attribuisce a mediaset una imminente resurrezione in borsa e fa abboccare anche Morgan Stanley e poi ci entra anche J.P.Morgan e alla fine di agosto sono tutti pronti e danno il titolo (viaggiava allora intorno ai 2,90 in borsa) a 4/4,50 euro ad azione per la fine di settembre. L’annuncio viene spalmato in tutte le banche italiane dove alcuni solerti funzionari spiegano ai loro clienti la mervaviglia finanziaria dell’ultima ora. C’è un’unica azienda, tra quelle grosse che operano nel settore finanziario, che non accetta. Anzi. Va in contro-tendenza e alla fine di agosto diffonde un proprio comunicato in cui spiega ai propri clienti che investire sul titolo mediaset “è fortemente sconsigliato perchè si tratta di un valore azionario altamente speculativo e chi compra o vende lo fa a proprio rischio e pericolo”. Si tratta della più antica società di consulenza finanziaria del mondo. Ha sede a Francoforte e si chiama Beremberg. Ha una particolarità unica: è stata fondata intorno al 1526 dal Duca di Beremberg, un aristocratico della Sassonia. Sono trascorsi, da allora, 500 anni. In questi secoli, la proprietà non è mai cambiata. Ancora oggi, 2014, l’amministratore delegato è un Beremberg. Ha quindi una credibilità (se non altro per esperienza) altissima, essendo sopravvissuti a tutto ciò che è accaduto in Europa dal 1526 a oggi. E i tedeschi, gli olandesi, i danesi, gli australiani, e gran parte deglin imprenditori statunitensi se ne fregano di Standard & Poor’s, di Moody’s o del Fondo Monetario Internazionale; loro si rivolgono alla Beremberg & figli.
E così, nell’ambiente finanziario circola la voce di questo scontro tra colossi della finanza intorno al baldanzoso nome di mediaset.
Arriva quindi quella che considero la ciliegina sulla torta, la prima settimana di settembre, quando l’avvocato, legale rappresentante di Berlusconi, regala alla nazione il vispo annuncio che, secondo me, serve a sostenere l’intera baracca strategica di mediaset, ovvero: siamo lieti di annunciare che l’Alta Corte di Giustizia di Strasburgo ha deciso di prendere in esame l’intero incartamento relativo alla condanna dell’ex cavaliere perché hanno preso atto che esistono dei punti oscuri che vanno chiariti. In Italia viene diffuso un lancio d’agenzia e l’intero sistema mediatico lo condivide pigramente, senza commenti specifici. Va da sé che il titolo vola e da 2,90 sale a 3 e poi a 3,20 e 3,40, arriva fino a 3,60 e c’è chi sottoscrive contratti e paga anche 4,50 perché si è fidato dei colossi finanziari e della notizia. E così la mediaset raggranella qualche centinaia di milioni di euro sul mercato dei capitali. Quando arriva l’annuncio ufficiale della corte di Strasburgo, la quale dichiara di non aver mai accettato il ricorso presentato dai legali di Silvio Berlusconi e di considerare destituite di ogni fondamento le notizie relative a una presupposta accettazione da parte della corte del ricorso, il titolo comincia a scendere, va da sè.
O meglio, va a picco.
Da 3.60 va a 3.40, poi a 3, 2.90, 2.80, arriva a 2.70 mentre Mondadori precipita.
Soltanto a Milano sono stati investiti circa 200 milioni di euro in una settimana che sono diventati 110 due settimane dopo.
Un trionfo per la Beremberg.
Un colpo da maestro per Mediaset.
Un grande applauso da parte mia (sincero) all’avvocato Longo che ha dimostrato di essere davvero un avvocato fedele e abile e sa come salvaguardare gli interessi del suo cliente.
Una catastrofe per la credibilità dell’Italia.
Panico e fuga di investitori dalla borsa di Milano che perde in due settimane il 15%.
Fine della storia.

In qualunque paese evoluto del mondo, tutto ciò non sarebbe accaduto.
Né si parla del crollo verticale dell’impero mediatico berlusconiano, che stanno svendendo in pezzi diversi agli spagnoli, ai francesi, agli emiri, ai tedeschi, agli australiani.
E’ comprensibile: uno dei legali di Berlusconi, l’avv.Ghedini, sta scrivendo insieme all’on. Boschi tutta la parte della riforma della giustizia relativa al conflitto di interessi, truffa in bilancio, intercettazioni, manipolazione del mercato, aggiotaggio, ecc.
L’Europa lo sa.
I tedeschi lo sanno.
Gli investitori pure.
E’ l’idea di mondo insegnata alla classe dirigente politica e imprenditoriale da Cesare Previti e Marcello Dell’Utri.

Per questo ci puniscono, ci insultano, ci prendono in giro, ci svillaneggiano.

Possiamo dar loro torto?