Computer Quantici
Molte tappe nella storia della tecnologia hanno comportato la scoperta di nuovi modi per sfruttare la natura: l’utilizzo di varie risorse fisiche come materiali, forze e sorgenti di energia ha fatto si’ che l’uomo compisse progressi tecnologici sempre piu’ grandi. Nel corso del Ventesimo Secolo l’informazione e’ entrata a far parte della tecnologia, a partire dal momento in cui l’invenzione dei computers ha permesso di processare informazioni complesse all’esterno dei cervelli umani. La stessa storia dei calcolatori e’ intessuta di una sequenza di cambiamenti da un tipo di implementazione fisica ad un altro, dalle prime valvole ai circuiti integrati di oggi. Fino alle odierne tecniche piu’ avanzate che ci consentono di costruire componenti di dimensioni inferiori al micron; e presto avremo chip ancora piu’ ridotti, sino a raggiungere il punto in cui le porte logiche necessarie al funzionamento dei computers saranno costituite di pochi atomi ciascuna.
Sul piano degli atomi, la materia obbedisce alle regole della meccanica quantistica, molto differenti da quelle della fisica classica, che invece determinano le proprieta’ delle porte logiche convenzionali. Per questo motivo, se i computers dovranno diventare di dimensioni cosi’ ridotte nel prossimo futuro, una tecnologia completamente nuova dovra’ sostituire cio’ che utilizziamo ora. La tecnologia quantistica, pero’, puo’ offrire molto di piu’ della diminuzione delle dimensioni e dell’aumento della velocita’ di clock dei calcolatori: essa puo’ aprire la strada a calcoli di un genere completamente nuovo, con algoritmi basati su principi quantistici diversi da quelli a cui siamo abituati. Questa nuova tecnologia prende il nome di Quantum Computing.
Il Quantum Computing nasce dall’unione tra Teoria dell’Informazione classica, Informatica e Fisica Quantistica. Questo breve articolo vuole essere un’introduzione al Quantum Computing e all’argomento molto vasto della nuova Teoria dell’Informazione Quantistica. La cosa che stupisce maggiormente e’ che la Teoria dell’Informazione e la Meccanica Quantistica si sposano in effetti molto bene, dando vita ad interessanti implicazioni.
I fondamenti dell’Informatica sono stati formulati piu’ o meno contemporaneamente alla Teoria dell’Informazione di Shannon, fatto che non deve essere considerato come una mera coincidenza. Il padre dell’Informatica e’ probabilmente Alan Turing (1912-1954), ed il suo profeta e’ Charles Babbage (1791-1871). Babbage, infatti, ha concepito gli elementi essenziali di un calcolatore moderno, nonostante ai suoi tempi non esistesse la tecnologia necessaria a realizzare praticamente le sue idee. E’ dovuto passare un intero secolo prima che l’Analytical Engine di Babbage fosse migliorata in quello che Turing ha descritto come la Universal Turing Machine, verso la meta’ degli anni 30. I piu’ grandi meriti di Turing sono stati il chiarire con estrema precisione di che cosa debba essere capace una macchina per il calcolo e l’enfatizzare il ruolo del software e della programmazione, piu’ ancora di quanto non avesse fatto il suo predecessore.
I moderni calcolatori elettronici non sono ne’ Macchine di Turing ne’ Motori di Babbage; ciononostante sono basati su principi molto simili e possiedono un potere computazionale equivalente. Senza scendere troppo nel dettaglio, vogliamo porre l’accento sul fatto che durante la storia dello sviluppo dei computers non vi e’ stato mai alcun sostanziale cambiamento dell’idea essenziale di calcolatore o di come esso operi. Tutti i miglioramenti sono quantificabili in termini di velocita’ e dimensioni. Ed ecco che cosa differenzia il Quantum Computing dall’Informatica classica: la Meccanica Quantistica per la prima volta fa intravvedere la possibilita’ di un cambiamento sostanziale dei computers e del loro modo di operare.
La caratteristica fondamentale dell’informazione e’ la possibilita’ di essere codificata in un numero di modi virtualmente infinito. Ad esempio la frase italiana “Alice e’ a casa mia” ed il corrispettivo francese “Alice est chez-moi” contengono la stessa informazione, espressa in codici differenti.
Comunque sia, cio’ che accomuna tutti i modi di esprimere informazione e’ la necessita’ di strumenti fisici. Le parole parlate, infatti, sono costituite da fluttuazioni nella pressione dell’aria, quelle scritte da molecole di inchiostro su carta, persino gli stessi pensieri dipendono dai neuroni. Il motto dei ricercatori e’ pertanto: “nessuna informazione senza la sua rappresentazione fisica!”.
I computers classici che tutti conosciamo utilizzano come unita’ di informazione di base il cosiddetto bit. Da un punto di vista prettamente fisico il bit e’ un sistema a 2 stati: puo’ infatti essere indotto in uno dei due stati distinti rappresentanti 2 valori logici – no o si’, falso o vero, o semplicemente 0 o 1. In termini pratici, senza scendere nei dettagli implementatitivi, il bit viene realizzato utilizzando le proprieta’ dell’energia elettrica (assenza di carica o presenza di carica). Un bit di informazione puo’ ovviamente venire rappresentato anche attraverso altri mezzi: ad esempio con 2 differenti polarizzazioni di luce o 2 differenti stati elettronici di un atomo. Ed e’ proprio quando arriviamo all’infinitamente piccolo che la Meccanica Quantistica entra in gioco, informandoci che se un bit puo’ esistere in 2 stati distinti puo’ anche esistere in una loro sovrapposizione coerente . Si tratta di un terzo stato, che non ha un analogo classico in generale, in cui l’atomo rappresenta entrambi i valori 0 e 1 contemporaneamente. Per aiutare a comprendere come una quantita’ fisica possa assumere 2 valori in contemporanea viene in genere illustrato un semplice esperimento di riflessione dei fotoni, che noi non tratteremo, limitandoci a segnalarlo tra i Riferimenti.
Occupiamoci invece di ampliare ulteriormente il concetto di sovrapposizione di numeri. Consideriamo un registro composto da 3 bit fisici. Un registro a 3-bit classico puo’ contenere esattamente uno degli 8 diversi numeri possibili: in altre parole esso puo’ trovarsi in una delle otto possibili configurazioni 000, 001, 010, …, 111, rappresentazioni binarie dei numeri da 0 a 7. A differenza di cio’, un registro quantistico composto da 3-qubit (come vengono chiamate le unita’ di informazione di base nel Quantum Computing, corrispettive del bit classico) e’ in grado di contenere fino a tutti e 8 i numeri contemporaneamente in una sovrapposizione quantistica.
Il fatto che 8 numeri differenti possano essere fisicamente presenti in contemporanea nello stesso registro e’ una diretta conseguenza delle proprieta’ dei qubit, e ha delle grandi implicazioni dal punto di vista della Teoria dell’Informazione. Se aggiungessimo piu’ qubit al registro la sua capacita’ di memorizzare informazioni crescerebbe in maniera esponenziale: 4 qubit possono immagazzinare fino a 16 numeri allo stesso tempo, ed in generale L qubit sono in grado di conservare 2^L numeri contemporaneamente. Un registro di 250-qubit, per capirci, composto essenzialmente di 250 atomi, sarebbe capace di memorizzare piu’ numeri contemporaneamente di quanti siano gli atomi presenti nell’Universo conosciuto. Un dato senza dubbio scioccante.
In termini pratici, pero’, quando misuriamo il contenuto di un registro siamo in grado di vedere solamente uno dei numeri della sovrapposizione: cio’ rappresenta sicuramente un problema nel caso di quantistica applicata a problemi tradizionali molto semplici. Ma nel caso in cui dovessimo effettuare un calcolo quantistico piu’ complesso, che consista di piu’ passaggi e pertanto piu’ operazioni sui registri, il vero vantaggio del Quantum Computing inizierebbe a manifestarsi: quando un registro contiene una sovrapposizione di molti numeri differenti, infatti, un calcolatore quantistico e’ in grado di effettuare operazioni matematiche su tutti loro contemporaneamente, allo stesso costo in termini computazionali dell’operazione eseguita su uno solo dei numeri. Ed il risultato sara’ a sua volta una sovrapposizione coerente di piu’ numeri. In altre parole: e’ possibile eseguire un massiccio calcolo parallelo ad un costo computazionale irrisorio rispetto a quello richiesto dai computers tradizionali, che avrebbero bisogno per compiere la stessa operazione di ripetere il calcolo 2^L volte o di poter contare su 2^L processori paralleli.
In breve, ecco riassunto quello che ci offre un calcolatore quantistico: un enorme guadagno di risorse computazionali come tempo e memoria, anche se solamente per certi tipi di operazione.
Cerchiamo ora di fare luce sulle possibili applicazioni dei calcolatori quantistici. Come abbiamo accennato le leggi della fisica ci permettono di leggere un solo risultato da un registro, anche se esso contiene 2^L numeri differenti: per questo motivo il Quantum Computing non ci porta un vantaggio immediato in termini di conservazione dell’informazione. Sapendo pero’ che grazie ad una proprieta’ dei quanti molto importante nota con il nome di quantum interference siamo in grado di ottenere un risultato finale singolo che dipende logicamente da tutti i 2^L risultati intermedi, possiamo comprendere gli algoritmi che sono stati introdotti dai ricercatori.
Consideriamo ad esempio l’algoritmo scoperto da Lov Grover dei Bell Labs della AT&T, che realizza una ricerca in una lista non ordinata di N elementi in radice di N passi. E’ lampante per chi non e’ totalmente digiuno di informatica che un algoritmo del genere e’ impossibile da realizzare con le tecniche classiche. Pensiamo, ad esempio, di dover ricercare un numero di telefono specifico all’interno di un elenco contenente 1 milione di elementi, ordinati alfabeticamente: e’ ovvio che nessun algoritmo classico piu’ migliorare il metodo di ricerca a forza bruta che consiste nella semplice scansione degli elementi fino a quando non si trova quello che ci interessa. Gli accessi alla memoria richiesti nel caso medio saranno pertanto 500.000, che e’ dello stesso ordine di grandezza di N (O(N), come viene comunemente espresso in notazione matematica).
Un computer quantistico e’ invece in grado di esaminare tutti gli elementi simultaneamente, nel tempo di un singolo accesso alla memoria: se fosse programmato per stampare semplicemente il risultato a questo punto, pero’, non costituirebbe un miglioramento rispetto all’algoritmo classico, perche’ solamente uno sul milione dei percorsi di calcolo effettuati conterra’ l’elemento a cui siamo interessati, e per conoscerlo dovremo per forza di cose ispezionarli tutti.
Se pero’ lasciamo l’informazione quantistica ricavata all’interno del calcolatore senza misurarla, possiamo applicarvi direttamente un’altra operazione che automaticamente andra’ ad influire su altri percorsi (che comunemente vengono chiamati universi). In questo modo l’informazione riguardante l’elemento ricercato e’ diffusa, attraverso la quantum interference, ad altri universi. Si e’ verificato che se questa operazione che genera interferenza viene ripetuta radice di N volte (nel nostro caso 1000), l’informazione che ci interessa sara’ accessibile attraverso il misuramento con una probabilita’ di 0.5: in altre parole, si sara’ diffusa in piu’ della meta’ degli universi possibili. Pertanto ulteriori ripetizioni dell’algoritmo ci permetteranno di trovare il risultato che ci interessa con una probabilita’ molto prossima ad 1.
Nonostante l’algoritmo di Grover sia uno strumento estremamente versatile e potente, in pratica la ricerca in un database fisico sara’ difficilmente una delle sue applicazioni fondamentali, almeno fino a quando la memoria classica restera’ molto piu’ economica di quella quantistica. Per queste ragioni, il campo in cui questo algoritmo da’ il meglio di se’ e’ sicuramente quello della ricerca algoritmica, nella quale i dati non sono conservati in memoria, ma sono generati al volo da un programma: pensiamo ad esempio ad un calcolatore quantistico programmato per giocare a scacchi, che utilizzi l’algoritmo di Grover per investigare tutte le possibili mosse a partire da una determinata configurazione della scacchiera.
Come Gilles Brassard dell’Universita’ di Montreal ha recentemente fatto notare, inoltre, un’altra importantissima applicazione dell’algoritmo di Grover e’ nel campo della crittanalisi, per attaccare schemi crittografici classici come il Data Encryption Standard (DES) con un approccio a forza bruta. Crackare il DES fondamentalmente richiede una ricerca tra tutte le 2^56 = 7 x 10^16 possibili chiavi. Un computer classico, potendo esaminarne ad esempio 1 milione al secondo, impiegherebbe migliaia di anni a scoprire quella corretta; un computer quantistico che utilizzi l’algoritmo di Grover, invece, ci metterebbe meno di 4 minuti.
Per qualche strana coincidenza, molte delle caratteristiche superiori dei calcolatori quantistici hanno applicazioni nel campo della crittologia. Oltre all’algoritmo di ricerca di Grover che abbiamo appena visto, c’e’ quello scoperto nel 1994 da Peter Shor (un altro ricercatore dei Bell Labs) per la fattorizzazione efficiente di numeri interi grandi. In questo caso la differenza di performance tra gli algoritmi quantistici e quelli classici e’ ancora piu’ spettacolare.
I matematici sono convinti (anche se di fatto la cosa non e’ mai stata dimostrata in maniera rigorosa) che la fattorizzazione di un numero intero con N cifre decimali sia particolarmente pesante in termini computazionali: per portare a termine l’operazione, qualsiasi computer classico ha bisogno di un numero di passi che cresce esponenzialmente con N. Questo significa che aggiungendo una semplice cifra al numero da fattorizzare il tempo necessario a compiere l’operazione si moltiplica per un fattore fisso. Per rendere meglio l’idea, basti pensare che fino ad ora il numero piu’ grande che e’ stato fattorizzato, nel corso di una “gara” tra matematici, aveva 129 cifre. Nessuno e’ in grado di concepire la possibilita’ di fattorizzare numeri di migliaia di cifre con i metodi classici: il calcolo richiederebbe piu’ volte l’eta’ stimata dell’Universo.
In contrasto, i calcolatori quantistici possono fattorizzare numeri di migliaia di cifre in una frazione di secondo, ed il tempo di esecuzione cresce solamente secondo il cubo del numero delle cifre (e non esponenzialmente come nel caso dell’algoritmo classico).
La cosa piu’ interessante e’ che sulla difficolta’ di calcolo dell’operazione di fattorizzazione si basa la sicurezza di quelli che sono al momento i metodi di cifratura piu’ utilizzati ed universalmente riconosciuti come inattaccabili: stiamo parlando in particolar modo del sistema RSA (Rivest, Shamir e Adleman). Tale algoritmo crittografico e’ largamente impiegato per proteggere le comunicazioni piu’ riservate e le transazioni bancarie, che si avvalgono di uno schema crittografico a chiave asimmetrica (la crittografia a chiave pubblica e’ stata scoperta originariamente da Ellis e Cocks del GCHQ inglese). Quando dovesse essere costruita un’engine quantistica per la fattorizzazione, tutti i sistemi crittografici a chiave asimmetrica diverranno completamente insicuri. Probabilmente questo momento e’ ancora lontano, ma di fatto le recenti scoperte ci fanno capire che e’ ora di pensare ad altri metodi crittografici, in previsione di quello che ci puo’ riservare il futuro.
In linea di principio siamo gia’ in grado di costruire un calcolatore quantistico: cominciamo con delle semplici porte logiche quantistiche, che come nel caso delle porte classiche sono dei semplici devices in grado di eseguire un’operazione elementare su uno o due qubit. Ovviamente esse differiscono dalle loro controparti classiche, perche’ sono in grado di operare anche su sovrapposizioni quantistiche. Tali porte dovranno poi essere collegate in reti, per poter operare come un unico computer.
Al crescere del numero delle porte quantistiche nella rete, pero’, ci imbattiamo rapidamente in alcuni problemi pratici molto seri. Piu’ qubit sono coinvolti, piu’ diventa complesso gestire l’interazione che genera la quantum interference. A parte le difficolta’ derivanti dal dover lavorare a livello di singolo atomo e singolo fotone, uno dei problemi piu’ importanti e’ quello di impedire che anche l’ambiente venga modificato dalle interazioni che generano le sovrapposizioni quantistiche. Piu’ componenti vi sono, piu’ si fa probabile che l’informazione quantistica si diffonda all’esterno del computer per perdersi nell’ambiente, compromettendo i risultati del calcolo. Questo processo prende il nome di “decoerenza”, e per evitarlo gli ingegneri dovono riuscire a produrre sistemi sub-microscopici nei quali i qubit si influenzano l’un l’altro, ma sono completamente separati dall’ambiente esterno. Per lo stesso motivo, e’ immediato osservare che gli effetti della quantum interference che rendono realizzabili algoritmi come quello di Shor sono estremamente fragili: i computer quantistici sono molto sensibili alle interferenze provenienti dall’esterno.
Ed e’ a questo punto che entra in gioco la nuova Teoria dell’Informazione Quantistica, nata dal connubio tra Teoria dell’Informazione classica e Quantum Computing: e’ infatti possibile, combinando elementi delle due discipline, realizzare calcolatori quantistici molto meno sensibili alle interferenze esterne, grazie a quella che viene chiamata quantum error correction. Solo nel 1996 sono stati realizzati due documenti di Calderbank e Shor, e indipendentemente Steane, che hanno stabilito i principi generali con cui il quantum information processing puo’ essere utilizzato per combattere una vasta gamma di interferenze in un sistema quantistico. Molti progressi sono stati fatti successivamente nell’opera di generalizzazione di queste idee: in particolare, un importante sviluppo c’e’ stato con la dimostrazione effettuata da Shor e Kitaev che la correzione degli errori puo’ avere luogo anche quando le stesse operazioni correttive sono imperfette. Questi metodi conducono ad un concetto di Quantum Computing fault tolerant. Se la correzione degli errori in se’ non garantisce un calcolo quantistico accurato, poiche’ non puo’ combattere tutti i tipi di interferenza, il fatto che sia possibile rappresenta comunque uno sviluppo significativo che ci fa ben sperare per il futuro.
Un’altra importante implicazione del connubio tra Meccanica Quantistica e Teoria dell’Informazione, derivante direttamente dalle proprieta’ di base dei sistemi quantistici applicate alla pratica, e’ la quantum cryptography. La crittografia quantistica offre numerose idee innovative, tra le quali la piu’ interessante (e la piu’ seguita) e’ la quantum key distribution. Si tratta di un metodo molto ingegnoso secondo il quale gli stati quantistici trasmessi sono utilizzati per eseguire una comunicazione molto particolare: creare in due locazioni separate una coppia di sequenze di bit randomiche identiche, impedendone l’intercettazione da terze parti. Si nota subito come questo possa rivelarsi molto utile nel caso dello scambio di chiavi crittografiche per cifrari simmetrici, operazione che necessita di un canale assolutamente sicuro. La caratteristica fondamentale di questo meccanismo per il key exchange discende direttamente dai principi della meccanica quantistica, che garantiscono la conservazione dell’informazione, in modo che se essa arriva a destinazione si puo’ essere sicuri che non e’ andata da nessun’altra parte (in altre parole, non e’ stata intercettata). Di conseguenza, l’intero problema delle chiavi compromesse, che riempie da secoli gli annali della storia dello spionaggio, e’ evitato completamente avvalendosi della struttura del mondo naturale e delle sue leggi.
Tra gli effetti del Quantum Computing che piu’ rischiano di influenzare il nostro futuro, uno dei piu’ interessanti e’ sicuramente la rivoluzione del concetto stesso di dimostrazione matematica. Quando abbiamo a che fare con computers classici, infatti, possiamo descrivere matematicamente con facilita’ le operazioni da essi compiute. In tal modo siamo in grado di fornire una prova della correttezza del calcolo svolto che soddisfi la definizione classica: “una sequenza di proposizioni ognuna delle quali e’ un assioma o deriva da proposizioni precedenti nella sequenza attraverso le regole standard di inferenza”. Con il Quantum Computing questa definizione non e’ piu’ valida: d’ora in avanti una dimostrazione dovra’ essere considerata come un processo (il calcolo stesso, e non una registrazione di tutti i suoi passaggi): in futuro e’ estremamente probabile che un calcolatore quantistico riesca a dimostrare teoremi attraverso metodi che un cervello umano (o un calcolatore classico) non e’ in grado nella maniera piu’ assoluta di controllare, perche’ se la “sequenza di proposizioni” corrispondente alla dimostrazione intesa nel senso classico venisse stampata, la carta riempirebbe l’Universo osservabile per molte volte.
Riguardo alla realizzabilita’ di un calcolatore quantistico complesso, molti studiosi sono tutt’ora scettici. Recentemente, pero’, l’IBM ha costruito un primo esempio di computer quantistico, con la prima implementazione funzionante dell’algoritmo di fattorizzazione di Shor. Come si legge su research.ibm.com, i ricercatori hanno realizzato un calcolatore a 7-qubit e fattorizzato il numero 15 nei suoi fattori primi 3 e 5. Nonostante l’apparente semplicita’, si tratta del calcolo quantistico piu’ complesso mai effettuato fino ad ora, e lascia ben sperare per gli sviluppi futuri di questa affascinante materia di studio.
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