Armi di Distrazione di Massa
Adolf Hitler
Si tratta di un gioco evidentemente truffaldino in cui il cartaio dispone tre carte su di un tavolino pieghevole, ci mostra che una di esse è la regina di picche, le capovolge e le sposta rapidamente. Siamo sicuri di sapere dov’è la regina e abbiamo visto il tizio prima di noi vincere facilmente un paio di volte, così scommettiamo i nostri soldi. Se quel tipo dall’aria un pò tonta può vincere, possiamo farlo anche noi. Eppure, incredibilmente, abbiamo puntato sulla carta sbagliata. Abbiamo perso. Abbiamo fatto la figura del pollo.
I polli del gioco delle tre carte non possono vincere, perché è risaputo che è tutto un imbroglio, eppure, mentre ce ne andiamo, vediamo che si è formata una fila di altri polli, con gli occhi sgranati, la bocca aperta, le mani in tasca, affascinati da quello spettacolo e pronti a tirar fuori i soldi non appena il cartaio riesce ad acchiapparli. Perché? Perché anche loro hanno visto vincere quello stesso tizio dall’aria un pò tonta. quello che non sanno è che si tratta di un complice.
I complici sono altri imbroglioni che inducono i polli a partecipare al gioco truccato con una messinscena volta a convincerli che non c’è alcun inganno e che se continuano a giocare, alla fine vinceranno. La funzione di un buon complice è anche quella di distogliere l’attenzione della polizia da quell’azione illegale. In tribunale, dove i cartai del gioco delle tre carte sono considerati imbroglioni e ladri, i complici sono considerati “corresponsabili” e quindi passibili della stessa pena se incriminati e giudicati colpevoli dopo un processo [26].I grandi mezzi d’informazione altro non sono che dei complici, il cui successo nello svolgere questa funzione non ha pari nella storia di raggiri, truffe e fregature, come si può giudicare dall’efficacia con cui continuano a venderci inganni talvolta talmente ovvi da indurre sempre più persone ad avvicinarsi alle così dette “versioni non ufficiali” [26].
La plateale distorsione della verità e la sistematica manipolazione delle fonti di informazione sono parte integrante della pianificazione bellica; uccidere un uomo è una cosa di poco conto, uccidere le sue opinioni produce effetti di gran lunga più duraturi.
Uno dei grandi progressi di questo secolo è stato, senza ombra di dubbio, il graduale passaggio dalla guerra convenzionale alla guerra con i media, cioè a quella che, in gergo tecnico, viene definita disinformazione.
Nel momento storico in cui viviamo, la frase scritta da Adolf Hitler in “Mein Kampf”, ci sembra persino ottimista.
Dal dopoguerra in poi, infatti, le truppe sarebbero entrate in azione per oltre quarant’anni, per essere sostituite completamente e definitivamente, verso la fine degli anni Novanta, dai media.
E così, contrariamente alla visione “profetica” lasciataci da Adolf Hitler, anche l’attacco finale sarebbe stato sferrato attraverso i mezzi d’informazione.
La differenza tra gli anni Quaranta ed oggi è data dalla trasformazione genetica che ci porta a vivere la guerra senza nemmeno accorgercene. Siamo costantemente sotto il fuoco dei media, bombardati di messaggi ed in balia di forze che tentano di imporci i nostri stessi valori, il progresso, la pace, la democrazia.
Eppure ci stiamo abituando a questo. Lo scenario che si sta disegnando, nostro malgrado, è uno scenario artificiale, una iperrealtà mediatica e mediata che va sostituendosi in modo irreversibile al mondo reale.
La televisione, i telefoni, le radio e le reti di computer sono dei potenti strumenti politici, poiché la loro funzione non è quella di produrre o di distribuire beni materiali ma di influenzare le idee e le percezioni umane.
Dopo l’era della “guerra convenzionale”, siamo entrati, così, in modo indolore, nell’era della disinformazione e, altrettanto inavvertitamente, stiamo per entrare in quella della disinformazione/intrattenimento, cioè del disinfotainment [1].
E’ difficile tirare le somme di questo breve giro d’orizzonte, si incapperebbe, di sicuro, nell’errore di fare della disinformazione; le possibilità offerte dai nuovi canali di comunicazione, combinate con le tecniche di destrutturazione dell’informazione e con nuovi sistemi di pianificazione strategica, potranno creare ancora, in futuro, infinite vie per la disinformazione.
La cosa più “interessante”, però, è che, fra poco, non ce ne sarà più bisogno perché il Panopticon, con il tempo, è arrivato a rendersi invisibile fino a farci credere che non esista; parafrasando Charles Boudelaire si può affermare che “la mossa più intelligente, più bella, più astuta della disinformazione è quella di far credere che non esiste.”.
E questo è il culmine del sistema della disinformazione, ovvero l’illusione di vivere in un regime di pace nonostante la guerra. Invece, l’attitudine alla persuasione, alla colonizzazione culturale e religiosa del prossimo, ad oggi, è ancora in costante crescita e, come se non bastasse, dispone di nuovi e sempre più potenti media [2].
Propaganda
Alice nel Paese delle Meraviglie, di Lewis Carroll
Non sempre è chiara la differenza fra questi tre strumenti “bellici” e varrà la pena di fornire qualche definizione. E’ molto utile, in questo caso, procedere per categorie contigue ed omogenee, diciamo così per opposizioni concettuali. Con il “gioco dei contrari”, ad esempio, sarà più agevole inquadrare i limiti di un concetto e molti dei suoi risvolti.Cominciamo dalla propaganda. Una delle più note definizioni è quella fornita da Jacques Ellul, definizione che si muove intorno alle finalità ed alla modalità, con un’interpretazione psicologistica che però non soddisfa del tutto: “la propaganda è l’insieme dei metodi utilizzati da un gruppo organizzato allo scopo di far partecipare attivamente o passivamente alla sua azione una massa di individui psicologicamente unificati attraverso manipolazioni psicologiche ed inquadrati in un’organizzazione.” [3].
Più interessante è l’approccio di alcuni teorici che mettono la propaganda in opposizione all’educazione. Per H. D. Lasswell, uno dei primi specialisti americani in questo campo, l’educatore differisce dal propagandista soprattutto perché tratta di argomenti che non sono oggetto di controversia per il suo uditorio [4].
E dunque la propaganda si potrebbe definire come un’attività “educativa” che, tuttavia, nello svolgersi, ha bisogno di costruire il consenso del suo pubblico.
Secondo i “teorici del complotto“ un pò più “paranoici” o “fissati”, uno degli scopi del “Council on Foreign Relations“ (CFR), consisterebbe proprio nel creare un filone di letteratura scolastica atto a promuovere i benefici di un “governo mondiale” e attirare l’iscrizione di ricchi intellettuali, i quali avrebbero potuto influenzare la direzione della politica estera americana [19].
Esisterebbe un centro-laboratorio dove intellettuali, storici, linguisti, psicologi, lavorano a trasformare il significato della storia [20]. Si tratterebbe di quel “ministero della Verità” raccontato da Goerge Orwell che, riscrivendo i giornali ed i libri di storia, realizzerebbe il mirabile detto del partito del Socing: “Chi controlla il passato controlla il futuro.” [21].
Gli “architetti” dell’unificazione non solo hanno riscritto la storia in favore dei potenti di oggi, cosa questa che tutti i vincitori hanno sempre fatto, ma in funzione dei concetti fondamentali sui quali deve trovare la propria logica il progetto di unificazione [22].
Chi crede che i tempi in cui Hollywood agiva direttamente come una macchina di propaganda del Governo siano finiti con la realizzazione, durante la Seconda Guerra Mondiale, di fumetti anti-giapponesi da parte della “Warner Bros.”, non ha fatto caso ai personaggi che si celano ora dietro lo schermo argentato: paladini della droga, pezzi grossi del Pentagono ed agenti dei servizi segreti.
Non si parla del patriottismo incallito che spinge le persone a raffigurare meglio il proprio Paese e le proprie istituzioni, per patriottismo si intende dire che lo Stato utilizza il qui pro quo per influenzare direttamente le Opere cinematografiche e televisive, arrivando, in alcuni casi, ad imporre modifiche alle sceneggiature [25] e ad influenzare e manipolare, in maniera subdola e subliminale, le menti di noi osservatori.
Persuasione
Mark Twain
La massima espressione della persuasione è costituita dalla pubblicità, la forma di persuasione “tecnologicamente” più avanzata ed al cui modello stanno conformandosi tutte le forme di comunicazione [30].
Il primo ad attaccare questa forma mentis incarnata da quelli che allora si chiamavano rètori, fu Platone nel “Gorgia”: “Il rètore è, senza dubbio, in grado di parlare contro tanti su tutto, sì da persuadere, in breve, la massa su tutto quello che vuole.” [5].In “In Trust Us We’re Experts”, Stauber e Rampton hanno raccolto alcuni dati convincenti che descrivono la scienza della creazione dell’opinione pubblica in America, facendo risalire la moderna influenza del pubblico all’inizio del secolo scorso e mettendo in rilievo il lavoro di tipi come Edward L. Bernays, da molti considerato il “padre della persuasione” ed oggetto di studi parte di personaggi come Josef Goebbels, Ministro per la propaganda di Adolf Hitler.
All’inizio del XX secolo, lo zio di Edward L. Bernays, il famoso psicoterapeuta Sigmund Freud, sta portando avanti le sue teorie sulla mente inconscia dinamica ed attiva, quella che, secondo lo psicoterapeuta, prende le decisioni. Come teorizzato da Sigmund Freud, negli anni, comincia ad emergere che la mente consta in larga misura di un inconscio il quale, molto probabilmente, alimenta il conscio con ciò che diverrà pensiero [33]. Queste ricerche sono state inizialmente portate avanti da Benjamin Libet nel 1967 e verificate più e più volte, l’ultima delle quali da John-Dylan Haynes del “Bernstein Center for Computational Neuroscience” di Berlino: “Studiando il comportamento del cervello al momento della decisione conscia, i ricercatori hanno individuato i segnali i quali hanno permesso loro di capire che gli studenti avevano deciso di muoversi circa dieci secondi prima di rendersene conto. Nel settanta per cento dei casi i ricercatori erano anche in grado di predire quale pulsante gli studenti avrebbero premuto.” [34].
Si tratta del subconscio che Edward L. Bernays cerca di sfruttare. Ha definito il suo approccio “ingegneria del consenso”, basandosi sul lavoro dello zio Freud e dunque attribuendo alle sue tecniche il termine scientifiche. In “Propaganda”, il suo libro più autorevole, Bernays afferma che la manipolazione delle masse è assolutamente necessaria affinché una democrazia e la sua economia funzionino [35].
Edward L. Bernays paragona la massa ad “un gregge che ha bisogno di venire guidato”, ed ha la stessa visione delle folle che si può riscontrare anche in altre Opere, fra cui la famosa “Psicologia delle masse”, di Gustav Le Bon.
Edward L. Bernays, però, non si limita ad affermare, come Gustav Le Bon, che le civiltà sono state create e guidate da una piccola aristocrazia intellettuale, mai dalle folle e che queste, in quanto istintive ed indisciplinate non hanno che la forza di distruggere, finendo, inevitabilmente, per essere dominate da elementi che hanno dell’anima delle folle una conoscenza istintiva, spesso sicurissima e che, conoscendola bene, ne diventano facilmente i padroni. Bernays non si limita ad affermare che “la democrazia è retta da una minoranza intelligente che sa come guidare e controllare le masse”, egli è certo che “la manipolazione scientifica dell’opinione pubblica è necessaria per superare il caos e il conflitto in una società democratica” e che risultati migliori si otterranno se il controllo delle masse avverrà a loro insaputa.
Nel suo libro “Propaganda”, Edward L. Bernays affronta, senza tanti giri di parole, quella che il professor C. Wright Mills definisce “élite al potere”, affermando che “La manipolazione consapevole e intelligente delle opinioni e delle abitudini organizzate delle masse costituisce un importante elemento di una società democratica. Coloro i quali manipolano questo impercettibile meccanismo sociale formano un Governo invisibile che costituisce il vero potere esecutivo del Paese. Noi siamo governati, le nostre mentalità plasmate, i nostri gusti modellati, le nostre idee suggerite in gran parte da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. Questo è il logico risultato del modo in cui la nostra società democratica è organizzata. Un vasto numero di esseri umani deve cooperare in questa maniera se si vuole vivere insieme come società che funziona in modo tranquillo. In quasi ogni azione della nostra vita quotidiana, sia questa nell’ambito della politica o degli affari, nel comportamento sociale o nel pensiero etico, siamo dominati da un numero relativamente piccolo di individui […] che comprendono i processi mentali e gli schemi sociali delle masse. Sono loro che manovrano i fili per controllare l’opinione pubblica.” [24].
Bernays ha cercato di sviluppare una forma di comunicazione che, usando i sui stessi termini, potesse essere impiegata per controllare le masse ignare. Per farlo, ha portato avanti le teorie di Freud in modi che ancora non sono stati raggiunti dalla psicologia moderna. L’approccio di Bernays consiste nel mettere in pratica le idee di Freud in modi che ancora non sono stati raggiunti dalla psicologia moderna. L’approccio di Bernays consiste nel mettere in pratica le idee di Freud in maniera scientifica. Ha fatto dunque ricorso a scienziati comportamentali per studiare le reazioni umane a vari stimoli. Vari gruppi sono stati testati per analizzarne la reazione a certe parole, immagini ed altro; a partire da questa sofisticata analisi, sono stati sviluppati messaggi pubblicitari e condotti dei test.
In breve, Bernays ha rivoluzionato il mondo della pubblicità, delle attività promozionali e delle pubbliche relazioni, cambiando per sempre il significato da attribuito alla parola propaganda, in precedenza “rivelazione veritiera atta a contrastare l’ignoranza e la disinformazione”, trasformandolo nel senso moderno che la maggior parte di noi guarda con giusto sospetto.
Se Bernays è acclamato da molti quale “padre delle pubbliche relazioni”, è ad Ivy Lee, un ex giornalista, che viene riconosciuto lo sviluppo di tale settore così come lo intendiamo oggi. La forza del sistema delle PR diviene ben presto chiara anche ai Governi, che si accorgono di come i giornalisti, se prontamente informati dalle agenzie, siano spinti a non indagare per conto loro. Se si confrontano le agenzie di PR con le notizie che effettivamente vengono pubblicate sui quotidiani, si vedrà che vengono spesso riprese alla lettera o quasi, e di solito senza indicare ai lettori che ciò che appare come un servizio giornalistico indipendente è in realtà un comunicato di un’agenzia di pubbliche relazioni [28].
La verifica delle fonti e l’utilizzo del senso critico sono ormai capacità atrofizzate dall’assumere passivamente il punto di vista delle poche agenzie che informano centinaia di paesi. Considerando come assolute alcune fonti e ignorandone altre, l’informazione è già alterata in origine, derivando da un unico punto di vista, che nel contesto appare oggettivo.
Solo in rarissimi casi, attraverso uno o più mezzi di comunicazione, trapela qualche debole critica al sistema ma si tratta di quelle che, in gergo tecnico, sono definite “fessure controllate”, cioè critiche fatte ad hoc per generare nello spettatore fiducia nei media, ma che risultano per finire vaghe e discordanti [29].
La persuasione è una modalità della comunicazione, fortunatamente non l’unica. Gli studiosi dell’argomentazione, ancora oggi, contrappongono la persuasione alla convinzione. Una distinzione che spesso, per i logici è irrilevante, ma che comunque illumina su alcune funzioni.
C. Perelman ed L. Olbrechts-Tyteca, dedicano diverse pagine del loro testo più famoso a questa distinzione fondamentale che, tuttavia, ammettono essi stessi, è molto labile perché viene fatta risalire al tipo di pubblico cui ci si rapporta [6].
Questa posizione risale ad Immanuel Kant per il quale la persuasione, insieme alla convinzione, è una delle due tipologie della credenza: “Quando essa è valida per ognuno che soltanto possegga la ragione, allora il fondamento di essa è oggettivamente sufficiente, e allora la credenza si dice convinzione. Se essa ha il suo fondamento nella natura particolare del soggetto, è detta persuasione. La persuasione è una semplice apparenza, poiché il fondamento del giudizio che è unicamente nel soggetto, viene considerato come oggettivo. […] Una persuasione io posso tenermela per me, se pure io mi ci trovo bene, ma essa non può, né deve, volersi rendere valida al di fuori di me.” [7].
I due capiscuola della nuova retorica poc’anzi citati mostrano un atteggiamento funzionalista nell’affermare che è la natura del pubblico cui ci si rivolge ciò che determina in larga misura sia l’aspetto che l’argomentazione assumerà, sia il carattere e la portata che verranno ad essa attribuiti. Il che significa già intendere la comunicazione come sistema.
Uno dei massimi esperti in materia, Cialdini, osserva la persuasione con lo stile di un antropologo, limitandosi a classificare alcune categorie nei comportamenti di gruppo. Ma questo non aiuta necessariamente ad analizzare tutte le funzioni del sistema.
E’ molto utile notare come da Aristotele in poi, una certa corrente di pensiero abbia interpretato il rapporto fra persuasore e persuaso in un senso molto simile alla concezione informatica delle architetture client-server, in cui, cioè, il persuasore farebbe leva su qualcosa che è già presente nella mente del suo interlocutore.
In questo contesto si inseriscono le “tecniche di costruzione della realtà”. E’ in questo contesto che agisce, per esempio, la teoria dell’agenda-setting. “L’ipotesi dell’agenda-setting non sostiene che i media cercano di persuadere […]. I media, descrivendo e precisando la realtà esterna, presentano al pubblico una lista di ciò intorno a cui avere un’opinione e discutere […]. L’assunto fondamentale dell’agenda-setting è che la comprensione che la gente ha di gran parte della realtà sociale è mutuata dai media.” [8].
Ecco quindi nascere termini come “gatekeeper”, ovvero selezionatore di notizie e “newsmaking”, nota anche come teoria della notiziabilità.
E’ evidente che ci sia sempre uno stretto legame tra la ricerca scientifica e lo sfruttamento di questa ricerca per fini che non hanno nulla a che vedere con gli interessi della collettività. C’è sempre un’influenza diretta da parte di chi utilizza in questo modo gli avanzamenti della scienza nell’orientarne le scelte. Anche in questo campo la disinformazione può giocare un ruolo molto importante creando un effetto di copertura.
Il problema che si pone, a questo punto, è cercare di stabilire se siano nate prima le tecniche di costruzione della realtà o le loro teorizzazioni [16].
Prima di analizzare in che modo le tecniche della disinformazione possano distruggere la realtà, bisogna stabilire, quindi, quale sia la realtà, o meglio cosa sia. Ludwig Wittgenstein, neopositivista logico, afferma che “Il mondo è tutto ciò che accade.”.
L’opinione pubblica è fondamentale per la stabilità di un sistema, e nel nostro sistema viene formata attraverso il bombardamento mediatico. Per mantenere la stabilità, nell’attuale assetto politico-economico, occorre che l’opinione pubblica sia piegata a ciò che è funzionale al sistema e non apprenda alcune verità. Ciò rende il potere mediatico notevolmente importante. Il controllo da parte del potere avviene oggi all’interno delle nostre case, attraverso la televisione od Internet; la manipolazione dell’informazione è sempre più sistematica, progettata per essere efficace e per rimanere nascosta agli occhi dei cittadini. Le agenzie internazionali che forniscono le informazioni, sono supportate da agenzie di propaganda che pianificano non soltanto cosa rendere noto ma soprattutto “come” dare informazione. La quantità di notizie viene sfoltita, ridotta o manipolata per mantenere la stabilità di un sistema, o per sovvertirlo [29].
Secondo il ragionamento di Ludwig Wittgenstein, l’uomo crea delle raffigurazioni dei fatti che sono un modello della realtà ed ogni raffigurazione, per poterla rappresentare, deve avere in comune con la realtà la forma logica e, quindi, la logica è la forma della realtà [17].
Quanto più i media determinano i fatti, tanto più la nostra visione del mondo è determinata dai media. Quello che fanno i media è fornirci anche la struttura logica dei fatti ed è quindi ragionevole affermare che il mondo è tutto ciò che accade nei media.
La conseguenza evidente di questa affermazione è che, per modificare la nostra visione del mondo, basta modificare la forma logica con cui il mondo viene descritto attraverso i media. Questo significa che, attraverso i media, si possono diffondere non solo informazioni false ma anche e soprattutto gli strumenti per costruire o modificare la visione del mondo [18].
Il potente e ubiquitario schieramento dei mezzi di comunicazione odierni, che ha annullato le distanze e quasi azzerato i tempi di diffusione delle notizie, funge, come è evidente, da sonora cassa di risonanza, avvertita in tutto il mondo, delle posizioni dell’Establishment dominante, imbavagliando, di fatto, su ampia scala, qualsiasi informazione non controllata.
Stampa e televisione costituiscono dunque veicoli eminenti e indispensabili per la violazione delle folle. La tecnica è sperimentatissima: presentare in continuazione una colluvie di notizie, portando alla luce ogni genere di informazioni, in modo da creare una specie di rumore di fondo continuo in grado di occultare le vere informazioni, accessibili soltanto a chi ne possiede la chiave di decodifica, prestandosi così al ruolo strumentale di trasmissione di messaggi fra iniziati sotto le mentite spoglie di notizie più o meno insignificanti.
Una manipolazione planetaria dell’opinione pubblica che emerge con cruda chiarezza dalle attualissime parole che, nel 1914, John Swinton, redattore-capo del “New York Times”, ha pronunciato nel discorso di congedo dai colleghi tenuto al banchetto in suo onore, presso l’“American Press Association”, alla vigilia del suo collocamento a riposo. “Che follia fare un brindisi alla stampa indipendente! Ciascuno, qui presente questa sera, sa che la stampa indipendente non esiste. Lo sapete voi e lo so io: non c’è nessuno fra voi che oserebbe pubblicare le sue vere opinioni, e, se lo facesse, lo sapete in anticipo che non verrebbero mai stampate. Sono pagato 250 dollari alla settimana per tenere le mie vere opinioni al di fuori del giornale per il quale lavoro.
Altri fra di noi ricevono la stessa somma per un lavoro simile. Se io autorizzassi la pubblicazione di un’opinione sincera in un numero qualunque del mio giornale, perderei il mio impiego in meno di 24 ore, come Otello. Quest’uomo sufficientemente pazzo per pubblicare un’opinione sincera si ritroverebbe tosto su una strada alla ricerca di un nuovo impiego.
La funzione di un giornalista è di distruggere la Verità, di mentire radicalmente, di pervertire, di avvilire, di strisciare ai piedi di Mammona e di vendersi egli stesso, di vendere il suo paese e la sua gente per il proprio pane quotidiano o, ma la cosa non cambia, per il suo stipendio. Voi questo lo sapete e io pure, che follia allora fare un brindisi alla stampa indipendente! Noi siamo gli utensili e i vassalli di uomini ricchi che comandano dietro le quinte. Noi siamo i loro burattini; essi tirano i loro fili e noi balliamo. Il nostro tempo, i nostri talenti, le nostre possibilità e le nostre vite sono di proprietà di questi uomini. Noi siamo delle prostitute intellettuali.” [27].
La persuasione, dunque, si è sostituita all’informazione ed è divenuta essa stessa informazione. E’ superficiale, però, pensare che la disinformazione consista semplicemente nel fornire una “informazione incompleta”; può manifestarsi, ad esempio, con il sabotare sistematicamente la modalità di trasmissione e la modalità di ricezione del messaggio, fino ad arrivare a controllare il modo in cui esso verrà elaborato. In quest’ultimo caso si prepara il terreno fornendo gli strumenti ed interpretare in modo deformato l’informazione: forme errate di ragionamento, quelle che in retorica vengono definite “sofismi”. E’ principalmente per questo motivo che i cognitivisti che si occupano di queste tematiche osservano che “Le varie forme di sofismi sono state puntualmente insegnate per secoli nelle università, come parte integrante della logica e della retorica, al fine di proteggere le giovani menti dall’errore e dall’equivoco. Non si sa bene perché, questo insegnamento è poi scomparso, proprio mentre aumentavano enormemente la portata e la diffusione dei canali di persuasione.” [31].
Il danno maggiore provocato dalle forme di ragionamento fallaci, non è tanto nella capacità di portare fuori strada chi riceve il messaggio così strutturato, quanto nell’abituare la gente a ragionare in modo distorto. Questo significa creare quei dispositivi che permettono di portare il pubblico ad elaborare la disinformazione autonomamente.
A questo punto non ci sarà più bisogno di produrre disinformazione in grandi quantità, sarà la gente stessa a generarla ed a riprodurla [32].
Disinformazione
Stanislaw Lec
Immaginiamo che, per un malaugurato errore, il virus si disperda nell’area degli esperimenti e che vengano immediatamente prese delle misure di sicurezza prima che l’opinione pubblica possa essere informata non solamente del tipo di esperimenti svolti in quel laboratorio ma anche del pericolo che deriva dall’incidente.
Immaginiamo che, dopo una rapida analisi della situazione, si giunga alla conclusione che la diffusione del virus da questo momento sarà inarrestabile e che occorra creare una copertura totale con la disinformazione.
Immaginiamo che qualcuno abbia l’idea di “dirottare” rapidamente il virus in un altro paese, l’Africa, per poi informare l’opinione pubblica del fatto che “in Africa è scoppiata una nuova epidemia causata da un virus micidiale originato da contatti sessuali tra uomini e scimmie […].”.
Immaginiamo che, per trasportare l’epidemia nel modo più rapido possibile in Africa, il virus venga inserito, forse all’insaputa delle stesse case farmaceutiche, nei vaccini destinati a quel Paese e che poi vengano eliminati anche i responsabili di questa operazione.
Immaginiamo che poi vengano fatte sparire tutte le notizie riguardanti quegli esperimenti con un’operazione di “pulizia” degli archivi a livello mondiale e che, contemporaneamente, la stampa venga pilotata verso l’ipotesi della nascita di una nova epidemia in Africa [16].Ora immaginiamo che gli attentati dell’11 Settembre 2001 siano una operazione di tipo false flag, un pretesto per poter eseguire un programma già deciso da tempo, un documento intitolato “Rebuilding America’s Defenses: Strategy, Forces and Resources for the New Century“, pubblicato dall’organizzazione chiamata “Project for the New American Century”, conosciuta con l’acronimo di PNAC.
Immaginiamo che, nonostante la propaganda “spinga” verso l’entrata in guerra e gli scettici siano additati come anti patriottici, ci sia qualcuno che dubiti degli attentati.
Immaginiamo che, per mantenere alto il terrore in tutto il Paese e, nel contempo, scoraggiare l’avvio di pericolose commissioni d’inchiesta, inizi a circolare l’allarme antrace.
Immaginiamo che l’unico vero potenziale nemico dell’alleanza Bush-Pentagono-CIA sia il Senato degli Stati Uniti, per via dei suoi poteri investigativi e che il Senatore Tom Dascle, leader della maggioranza democratica, sia uno dei pochi uomini in grado di poter dare vita ad una commissione d’inchiesta [9].
Immaginiamo che l’analisi della sequenza del DNA dell’antrace utilizzato dimostri che è stato prodotto nei laboratori del “Medical Research Institute of Infectious Disease”, a Fort Detrick, nel Mariland, di proprietà dell’esercito statunitense [10] e che l’“Università della California”, in una meticolosa analisi [11], dimostri che la fonte delle lettere all’antrace, altro non sia che un programma governativo degli stessi Stati Uniti.
Immaginiamo che, negli Stati Uniti, ci sia una sola persona in grado di avere accesso a quella specifica qualità di antrace, un tale Dottor Hatfill che, naturalmente, avrebbe abbondantemente lavorato con la CIA e sarebbe stata una delle pochissime persone in tutti gli Stati Uniti in grado di armare le spore di antrace [23].
Immaginiamo che, dopo una rapida analisi della situazione, si giunga alla conclusione che la diffusione di notizie riguardanti i biologi coinvolti nell'”allarme antrace”, in quanto colpevoli o potenziali scopritori di colpevoli, sarà inarrestabile e che occorra creare una copertura totale con la disinformazione.
Immaginiamo che, i biologi implicati nell'”allarme antrace”, almeno altri 15, siano tutti morti in condizioni misteriose tra il 2002 ed il 2003 e che, per il Dottor Hatfill, si sia arrivati anche ad ipotizzare una “soluzione alla Lee Oswald” [12].
Immaginiamo, infine, che l'”allarme antrace” si riveli un incredibile business per l’industria farmaceutica [13] e che, l’unica azienda con la licenza per produrre il vaccino sia una certa “BioPort Inc.”, operante nell’inesistente, al momento della creazione della società, mercato delle vaccinazioni di massa contro l’antrace e facente capo al famigerato “Carlyle Group”, gruppo che tratta gli interessi congiunti della famiglia Bush e di quella Bin Laden [14].
Ci si augura che le cose non siano andate così, tuttavia abbiamo immaginato due dei tanti possibili usi della disinformazione, rendendoci conto di come essa sia in grado di distruggere la realtà.
E, se è possibile modificare il presente, è altrettanto possibile modificare il passato con quelle che Noam Chomsky definisce “tecniche di ingegneria storica” [15].
Nella costruzione dell’inganno si procede all’indietro, partendo dall’obiettivo finale che è l’illusione. L’illusione, però, non è l’obiettivo finale della strategia ma il suo strumento. L’illusione è l’obiettivo finale solo per il pianificatore dell’inganno.
La prima operazione che il pianificatore compie, dopo aver stabilito il target e l’illusione con cui vuole colpirlo, è la scelta del canale attraverso cui far arrivare l’inganno. In base a questa scelta verrà determinata la funzione voluta di copertura o di effetto e, di conseguenza, le caratteristiche dell’astuzia adeguata a crearla [2].
[1] “Manuale di disinformazione – I media come arma impropria: metodi, tecniche, strumenti per la distruzione della realtà”, di Bruno Ballardini, Edizione Castelvecchi, 7,8
[2] Ivi, 31, 32
[3] “Storia della propaganda”, di Jacques Ellul, Edizioni Scientifiche Italiane, 8
[4] “The study and practice of propaganda”, in H. D. Lasswell, R. D. Casey e B. L. Smith, Propaganda and Promotional Activities, Oxford University Press, 3
[5] “Opere complete, Gorgia”, di Platone, Edizione Laterza, 155
[6] “Trattato dell’argomentazione”, di C. Perelman e L. Olbrechts-Tyteca, Editore Einaudi, 28 e segg.
[7] “Critica della Ragion Pura”, di Immanuel Kant, Edizione Laterza, 8
[8] “Agenda-Setting and Mass Communication Theory”, “Gazette (International Journal For Mass Communication Studies)”, Volume XXV, Numero 2, 96-105
[9] www.news.scotsman.com
[10] www.newsscientist.com
[11] www.ph.ucla.edu
[12] www.globalresearch
[13] www.healingcelebrations.comwww.tetrahedron.org
[14] www.skolnicksreport.com, www.whatreallyhappened.com, www.whatreallyhappened.com, www.rense.com, www.skolnicksreport.com, www.the1phoenix.net
[15] “Illusioni necessarie”, di Noam Chomsky, Edizioni Eleuthera,
[16] “Manuale di disinformazione – I media come arma impropria: metodi, tecniche, strumenti per la distruzione della realtà”, di Bruno Ballardini, Edizione Castelvecchi, 13, 14
[17] “Tractatus logico-philosophicus”, Edizioni Einaudi, di Ludwig Wittgenstein
[18] “Manuale di disinformazione – I media come arma impropria: metodi, tecniche, strumenti per la distruzione della realtà”, di Bruno Ballardini, Edizione Castelvecchi, 15, 16
[19] Tratto da novoordo.blogspot.com
[20] “La dittatura europea”, di Ida Magli, Editore BUR Rizzoli, 18
[21] “1984”, di George Orwell, Editrice Mondadori
[22] “La dittatura europea”, di Ida Magli, Editore BUR Rizzoli, 18
[23] “Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sull’11 Settembre (e su tutto il resto) e non avete mai osato chiedere”, di Roberto Quaglia, originariamente scritto per la rivista online www.delos.it ed aggiornato dall’Autore per “Tutto quello che sai è falso – Manuale dei segreti e delle bugie”, a cura di Russ Kick, Editore Nuovi Mondi Media, 21, 22
[24] “Propaganda: della manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia”, di Edward L. Bernays, Bologna, Logo Fausto Lupetti, 2008
[25] “Hollywood: Macchina di Propaganda”, di Russ Kick, tratto da “Tutto Quello che Sai è Falso – Manuale dei Segreti e delle Bugie”, a cura di Russ Kick, 219
[26] “La grande truffa della ‘Guerra alla droga’”, di Michael Levine, scritto per “Tutto quello che sai è falso 2 – Secondo manuale dei segreti e delle bugie”, a cura di Russ Kick, 25, 26
[27] “La verità dei Mass-Media”, tratto dal libro “Massoneria e sette segrete: la faccia occulta della storia”
[28] “Creare le notizie”, tratto da “Fidati! Gli esperti siamo noi”,
[29] “I telegiornali di Pulcinella”, “La manipolazione dell’opinione pubblica nei Tg italiani”, di Antonella Randazzo
[30] “La morte della pubblicità”, di Bruno Ballardini, Editore Castelvecchi, 118
[31] “L’arte di persuadere”, di Massimo Piattelli Palmarini, Editrice Mondadori, 82
[32] “Manuale di disinformazione – I media come arma impropria: metodi, tecniche, strumenti per la distruzione della realtà”, di Bruno Ballardini, Edizione Castelvecchi, 17, 18
[33] “Science” 158, “Unconscious Process and the Evoked Potential”, di Benjamin Libet, 1597
[34] “Nature Neuroscience” 11, “Unconscious Determinants of Free Decisions in the Human Brain”, di C. S. Soon, M. Brass, H. Heinze e J. Haynes, 543-545
[35] “Programmazione mentale – Dal lavaggio del cervello alla libertà di pensiero”, di Eldon Taylor, Edizioni il punto d’incontro, 30, 31